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QUANDO IL PASSATO DIVENTA PRESENTE. Come affrontare un trauma

di Francesca Milani


COS’È IL TRAUMA

 

Tante volte sentiamo le persone dire frasi come “quella esperienza è stata un trauma”, ma cosa vuol dire esattamente la parola trauma?

Questa parola deriva da “ferita” e può riferirsi sia ad un concetto fisico che psichico; la nostra mente ci rimanda immediatamente a qualche cosa che si è rotto e che è difficilmente riparabile. In senso stretto diciamo però che abbiamo subito un trauma se per esempio abbiamo avuto o assistito ad un grave incidente stradale, una grave malattia, abbiamo subito un abuso sessuale o degli atti di violenza, se siamo vittime di disastri naturali o persone abbandonate dai genitori o che hanno subito un lutto violento o improvviso[1].

 

COSA SUCCEDE DURANTE UN TRAUMA

 

Il trauma rompe la quotidianità in un modo imprevisto, incomprensibile e incontrollabile tanto che non siamo in grado di gestire la situazione, ci sentiamo minacciati e percepiamo di non essere al sicuro. In realtà potremmo dire che la rottura che noi avvertiamo durante l’evento traumatico è costituita dal tentativo della nostra psiche di tenere separata l’esperienza da quello che proviamo mentre l’evento traumatico si sta svolgendo. Durante l’evento traumatico siamo sottoposti ad un livello di eccitazione eccessivo e la registrazione dei ricordi viene compromessa, quindi alcune persone durante l’evento traumatico possono concentrare la loro attenzione su aspetti dell’ambiente che li circonda o sulla loro immaginazione, per cercare di sfuggire alla situazione. In questi casi alcuni elementi verranno registrati a livello inconscio e corporeo, ma non daranno luogo a ricordi strutturati.

 

Altre persone avvertono i ricordi di questa esperienza con distacco, come se non siano state realmente presenti in prima persona; “alcuni individui (…) hanno una conoscenza di un evento traumatico che non si accompagna a un senso di sé in relazione a tale avvenimento”[2]. Gli studi dimostrano che le attività come lo yoga, la meditazione e le attività artistiche servono per ricostruire le connessioni tra il ricordo dell’esperienza e ciò che abbiamo provato durante quell’esperienza, ciò che deve infatti essere ricostruito non è la memoria verbale (basata cioè sulla parola, sul racconto dell’esperienza) ma le emozioni e le memorie vissute a livello corporeo.

SINTOMI DELLA PERSONA TRAUMATIZZATA

È importante iniziare un percorso terapeutico quando abbiamo subito un trauma poiché le reazioni fisiologiche che si sono attivate per “proteggerci” durante l’evento traumatico tenderanno a ripresentarsi anche quando non siamo realmente in pericolo, in questo senso si dice dunque che “il passato diventa presente”.

 

È inoltre possibile che si manifestino sintomi come disturbi del sonno, sogni spiacevoli, tentativi di evitare ricordi, pensieri, emozioni o luoghi e persone legati all’evento, sintomi fisiologici come nausea, tachicardia, disturbi gastro intestinali. Sono da considerarsi sintomi anche la difficoltà a provare emozioni positive, il sentirsi in colpa o vergognarsi per ciò che è capitato. Oltre a questi sintomi può essere che tenteremo, inconsapevolmente, di reiterare il trauma che abbiamo subito.

COME FARE PER RIPRENDERSI DAL TRAUMA

L’arte terapia ci permette di lavorare in modo efficace poiché ogni situazione traumatica è difficilmente raccontabile e il lavoro attraverso le immagini sfugge, per così dire, al normale processo narrativo rendendo accessibili le esperienze più dolorose e permettendo una loro rielaborazione.

Nel lavoro con chi ha subito un trauma emerge solitamente la necessità del paziente di manifestare una sorta di controllo della situazione (se controllo ciò che succede non mi potrà capitare nulla di male). In una seduta di arte terapia la necessità di controllare, organizzare si può per esempio esprimere in una estrema attenzione ai dettagli del lavoro artistico, nella ricerca delle proporzioni e delle giuste misure.

La costruzione di un luogo sicuro, sia simbolicamente che concretamente, corrisponde alla prima fase terapeutica, fase che potrebbe durare a lungo e che, in alcuni casi, può anche essere l’unica che metteremo in atto.

Nella seconda fase terapeutica ci si rivolge al passato dedicandogli un tempo limitato, andando a ricordare e rielaborare i vissuti traumatici.

Nella fase finale della terapia sarà necessario integrare nella nostra storia non solo levento traumatico ma anche le parti dissociate; inoltre verranno colti gli elementi positivi che daranno il via ad un processo di trasformazione dell’esperienza.

 



[1] Vi sono poi “piccoli traumi” a cui ognuno di noi può andare incontro nel corso della vita che sono situazioni disturbanti come ad esempio essere umiliati, ma che non ci inducono a pensare di essere realmente in pericolo di vita. Gli studi dimostrano, tuttavia, che queste persone reagiscono dal punto di vista del funzionamento emotivo allo stesso modo di chi ha sperimentato un trauma “con la T maiuscola”.

[2] Daniel Siegel, La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, Raffaello Cortina Editore, 2001, pag. 54

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